COMPLESSITA’
/ CONFLITTO SOCIALE
da "PER UN'ECOLOGIA DELLE
RELAZIONI" Paolo Borsoni - Alta Via 2021
COMPLESSITÀ
Dalla letteratura delle scienze sociali, psicologiche e politiche degli ultimi decenni emerge un dato costante: il crescente riferimento alla Teoria dei Sistemi per interpretare fenomeni politici, sociali, psicologici. Questi riferimenti il più delle volte si caratterizzano come semplice nominalismo, ovvero un cambio di etichette. L’utilizzazione della Teoria dei Sistemi viene utilizzata per esprimere in un linguaggio diverso concetti che potevano essere espressi anche mediante altri linguaggi.
In questa prospettiva la Teoria dei
Sistemi non dà di per sé spessore all’elaborazione concettuale. E in effetti
spesso i riferimenti alla Teoria dei Sistemi in sociologia, in psicologia, in
scienza politica si mantengono a livello della terminologia e degli schemi più
elementari della Teoria dei Sistemi, sono rimasti cioè esclusi riferimenti a
veri e propri teoremi, agli schemi più complessi che caratterizzano le teorie
scientifiche e matematiche dei sistemi.
Si pone quindi l’interrogativo se
questo limite derivi da cause contingenti, ovvero da un possibile ritardo nella
teorizzazione, o da cause strutturali, cioè dall’impossibilità delle teorie dei
sistemi così come sono state formulate in ambito scientifico e matematico di
costituire davvero una base interpretativa adeguata per realtà sociali,
psicologiche, politiche.
Una delle teorie scientifiche dei
sistemi spesso coinvolte in questi tentativi è la Teoria delle Catastrofi
(forse anche per il nome evocativo di interpretazioni sociologiche,
psicologiche e politiche di crisi).
Sulla base di un’analisi dei
riferimenti che sono stati effettuati alla Teoria delle Catastrofi elaborata
dal matematico René Thom nell’ambito sociologico, psicologico, politologico si
sarebbe indotti a pensare che i risultati siano deludenti e che quindi ci sia
un confine strutturale quasi invalicabile tra teorie scientifiche e teorie
psicologiche e sociali. I riferimenti alla Teoria delle Catastrofi di René Thom
infatti non sono riusciti a dare una vera consistenza di interpretazione
sociologica, psicologica, politologica. Questo modello della Teoria delle
Catastrofi è essenzialmente matematico, apre una linea di sviluppo analitico
formale, non propone un insieme di elementi adeguati per costituire una base
teorica per un’analisi cogente della realtà sociale, psicologica e politica.
La
Teoria dei Sistemi sviluppata di Ilya Prigogine attraverso l’analisi empirica
di fenomeni fisici, chimici, ha una linea di sviluppo completamene diversa da
quella logica-matematica di René Thom. La prospettiva di Prigogine appare più
cogente dal punto di vista dell’analisi sociale, più ricca di indicazioni di
contenuto. Ma anche da questa seconda sponda alla resa dei conti non sembrano
venire indicazioni adeguate: qui si verifica sostanzialmente la diversità di
ambito applicativo tra i sistemi organici e i sistemi sociali. Dalla prospettiva
disegnata da Prigogine emergono indicazioni interessanti, possibilità di
collegamento tra campo scientifico-naturale e campo sociale-culturale, ma anche in questo caso la proposta si traduce
in una trasposizione di modelli, che può essere importante dal punto di vista
formale e linguistico, ma inefficace dal punto di vista del contenuto.
Il problema del collegamento tra
teoria scientifiche di tipo fisico, matematico e teorie sociali, psicologiche,
politiche non sembrerebbe avere quindi nella Teoria dei Sistemi la chiave di
volta della propria soluzione: non è nella riduzione a sistema delle strutture
politiche e delle strutture sociali e psicologiche che si apra una prospettiva
di analisi generale di interpretazione.
Si può notare come questi risultati
deludenti rivalutino implicitamente i collegamenti tra teoria sociale e teoria
biologica che si sono sviluppati attraverso l’etologia umana: il filo di
continuità tra gli studi di Eibl-Eibesfeldt e Desmond Morris da una parte e di
Erving Goffman dall’altra è del tutto evidente e consistente.
La
prospettiva teorica che finora è stata in grado di proporre con più efficacia
la Teoria dei Sistemi in campo sociologico, psicologico, politologico è quella
di Niklas Luhamnn. La coerenza rigorosa
con cui Niklas Luhmann conferisce organicità alla sua interpretazione sistemica
in ogni ambito della sfera sociale e politica (diritto, religione,
amministrazione, politica, sociologia, teoria della conoscenza, psicologia)
apre una prospettiva di importante rinnovamento. Ma anche questa teoria in
verità non si spinge a livelli molto profondi delle problematiche teoriche
delle teorie scientifiche dei sistemi, neppure Luhmann affronta modelli e
schemi complessi delle teorie sistemiche di ambito scientifico. La teoria di
Niklas Luhmann in effetti più che alle categorie della Teoria dei Sistemi fa
riferimento al funzionalismo, ovvero alla teoria da cui Luhmann ha preso avvio
nei suoi studi sociologici. La stessa categoria di “complessità”, che
costituisce l’emblema più avanzato della teoria di Luhmann, viene utilizzata in
termini non riconducibili a un approccio scientifico sistemico: Luhmann parla
di aumento della complessità interna al sistema come indicatore evolutivo
necessario per fronteggiare l’aumento della complessità rispetto al suo
ambiente; ma l’evoluzione di un sistema
non può identificarsi tout court con un aumento di complessità, l’evoluzione di
un sistema si colloca nell’ambito di un
aumento di complessità con precise caratteristiche qualitative, con definiti
limiti funzionali relativi alle situazioni che si determinano per il sistema:
un aumento generale e qualsiasi di complessità interna al sistema potrebbe
portare a un sovraccarico di complessità e
all’indebolimento dell’efficienza del sistema fino a un suo possibile
blocco. Non sempre o addirittura quasi mai il “Più” è sempre meglio del “Meno”:
c’è sempre un valore ottimale al di là del quale tutto diviene tossico:
l’ossigeno, il sonno, la psicoterapia, la filosofia e quindi anche la
complessità. Sia le variabili biologiche che quelle sociologiche hanno sempre
bisogno di equilibrio. Spingere tali variabili, compresa quella della
complessità, oltre l’equilibrio, oltre il confine in cui l’equilibrio è ancora
possibile è deleterio per il sistema, qualsiasi sia la sua natura.
Una
possibile soluzione per superare l’impasse in cui cade questo uso
generalizzante, e spesso generico, della categoria di “complessità” è
l’introduzione dei concetti di “mappa” e
di “intensità di informazione” come presenza relativa di informazione
nei simboli e nei messaggi comunicativi. Sotto questa prospettiva diventa
adeguato indicatore di evoluzione positiva di un sistema quello che segnala in
alcuni casi non una maggiore complessità ma una semplificazione: in effetti la
capacità di interpretare e di fronteggiare la complessità di un ambiente non
passa tout court attraverso un aumento qualsiasi di complessità, ma certamente
attraverso un aumento dell’intensità di informazione e di conoscenza tale da
fornire migliori strategie di sopravvivenza e di modifica dell’ambiente.
Questa prospettiva centrata sui
concetti di “mappa” e di “intensità di informazione” e in generale sulla Teoria
dell’Informazione indica un possibile proficuo collegamento tra teorie
scientifiche e teorie sociali forse più produttivo rispetto a quello offerto
dalla Teoria dei Sistemi e dalla Teoria delle Catastrofi.
Niklas Luhmann attraverso la
metodologia del funzionalismo sistemico si propone di rinnovare l’approccio
teorico allo studio delle società: le interazioni sociali vanno studiate per
Luhmann come interazioni tra sistemi, i concetti di specie, popolazione,
totalità, uomo, vanno definitivamente abbandonati per assumere una sociologia
basata sul rapporto sistema-ambiente.
“Sistema sociale – scrive NIklas
Luhmann - è una connessione fornita di senso di azioni sociali, che si
riferiscono tra sé e si lasciano delimitare da un universo di azioni non
relative a quella connessione”.
Sistema per Luhmann è un’entità di
azioni che si mantiene costante in un ambiente complesso e mutevole attraverso
la stabilizzazione di confini interno-esterno.
“Invece della razionalità puramente
interna di un ordinamento privo di contraddizioni – scrive Luhmann – la
problematica è quella del mantenimento di un sistema in un ambiente complesso.
I sistemi sono unità operative sensibili nei confronti dell’ambiente, in grado
di elaborare e di compensare gli stimoli che ad essi provengono dall’ambiente”.
Nei sistemi aperti la dinamica
dell’evoluzione verrebbe allora determinata dalla differenza di complessità tra
sistemi; la complessità continuamente in aumento spinge all’approfondimento
della differenziazione funzionale; tutti i sistemi vengono sottoposti a un
continuo adattamento e adeguamento a livelli superiori di complessità.
In questa Teoria Sociologica dei
Sistemi Aperti il singolo individuo per Luhmann, dato che non è parte del
sistema (sistema di azioni), è un suo ambiente. Essendo un sistema di azioni,
il sistema sociale non comprende il singolo individuo: individuo e società sono
l’uno per l’altro portatori di complessità.
In una teoria che dichiara di avere
come oggetto della propria analisi i sistemi, l’individuo assume ruoli diversi
a seconda delle diverse unità d’azioni in cui si viene a trovare: le procedure.
Da una lettura critica della teoria
di Luhmann emerge come tale analisi sociologica sistemica rimandi
implicitamente a un meccanismo elementare di fondo che sottende l’argomentare
teorico: il raggiungimento e il mantenimento della sicurezza.
L’approccio sociologico sistemico
muove dalla rilevanza essenziale dell’insicurezza che nasce dalla complessità
sociale. I sistemi devono per Luhmann rispondere al bisogno di ordine, di
prevedibilità funzionale e quindi di sicurezza.
La contrapposizione
sistema-ambiente, la problematica della complessità, della sua degenerazione,
in Luhmann rimandano alla contrapposizione secolare nella storia della cultura
tedesca tra Kultur, intesa come sfera sociale, e Natur, intesa come suo
ambiente: la Natur si configura sempre con i caratteri di minacciosità, imprevedibilità,
la Kultur al contrario con i caratteri di ordine, di organicità.
Il problema implicito quindi, che
rende cogente un’adozione della Teoria dei Sistemi in sociologia, in psicologia
e in politologia, appare il problema della sicurezza: l’insicurezza motiva la
regolazione necessaria e continua della complessità, ne regola tempi e
obiettivi. Stato di necessità in un ambiente ostile che non permette un agire
libero ed efficace, questa è la situazione nella quale si trova ad agire il
sistema, che è obbligato a diventare sempre più complesso.
In questa assunzione del bisogno di
sicurezza come bisogno fondante della dinamica psicologica e sociale c’è
un’assunzione interpretativa che rimanda a una scelta di fondo, in Luhmann tale
scelta si colloca al di là di ogni analisi storica dell’evoluzione di una
particolare specifica società e si pone su un piano universale di fondazione di
bisogni in tutte le società, della “società” in generale.
La teoria sistemica di Luhamn è riconducibile
quindi a un’ipotesi di sviluppo di un processo di razionalizzazione della
società in uno stato di crisi: il senso sistemico è il riconoscimento teorico
della condizione di crisi. Tale teoria è coerente con una configurazione
sociale in cui si realizzino necessità considerate oggettive di controllo sugli
spazi sociali e sui modelli di comportamento. I sistemi funzionano da trait
d’union tra crisi e bisogno di sicurezza: di fronte alla crisi, la sicurezza
viene massimamente garantita da un’organizzazione sistemica che impone
comportamenti e strutture stabilmente costituite di azione e di esistenza.
Jurgen Habermas di fronte a tale
quadro sociologico propone invece la riaffermazione del soggetto come entità
fondante per la realizzazione della comunità di comunicazione e per la
legittimazione delle istituzioni.
Niklas Lumann organizza
l’efficienza, il funzionamento sistemico, e prospetta un modello sociale che
subordina e accantona le interazioni fondate su processi discorsivi e
comunicativi rispetto alle esigenze di efficienza e di struttura di sistemi
decisionali.
Jurgen Habermas prospetta un modello
sociale che pone come riferimento imprescindibile la comunicazione tra
soggetti.
Si
può notare come nelle Teorie scientifiche dei Sistemi il tema della
stabilità-sopravvivenza del sistema
venga a riferirsi a una base strutturale inequivocabile, mentre in sociologia
un riferimento altrettanto preciso e universale di cosa sia il nucleo
concettuale stabilità-sopravvivenza-evoluzione per un sistema non esiste, o
meglio esiste ma è diverso a seconda dell’approccio ideologico prescelto. Le
società non riproducono mai la “nuda vita”, ma una vita sociale, culturale,
socialmente definita: non si possono identificare i presupposti universali per
la pura stabilità dei sistemi sociali senza fare riferimento a uno specifico
modello su cui e rispetto al quale costruire cultura, politica, convivenza
sociale, comunicazione. I criteri della “vita” e della “sopravvivenza”, come
anche della “stabilità” di un sistema sociale non sono estranei a presupposti
più o meno impliciti, a un modo sociale di produzione e riproduzione
socialmente determinato. La trasposizione di schemi sistemici dalla biologia
alla sociologia impone il passaggio da criteri universalmente riconosciuti a
criteri con una valenza e un peso ideologici.
Non è un caso che la categoria di
“aspettativa” assunta da Luhmann come base dell’agire sociale coincida con il
nucleo che la teoria microeconomica e macroeconomica di mercato, quella che
viene assegnata all’agire dell’individuo.
La razionalità sistemica si
configura quindi come razionalizzazione e stabilizzazione di una determinata
configurazione di rapporti sociali: la riduzione di complessità è alla resa dei
conti l’assorbimento e la neutralizzazione del conflitto. La problematica della
complessità può essere ricondotta alla prospettiva che assume come dato di
fondo la pericolosità del conflitto, visto come complessità incontrollata e
irrisolta, di fronte alla quale i sistemi amministrativi, politici, sociali,
religiosi svolgono funzioni di garanzia, di stabilità, di sicurezza.
bibliografia:
René Thom “Modelli
matematici della morfogenesi” Einaudi
Ilya Prigogine “La
nuova alleanza” Einaudi
Irenäus
Eibl-Eibesfeldt “Amore e odio” Mondadori
Desmond Morris “La scimmia
nuda” Bompiani
Niklas
Luhmann-Jurgen Habermas “Teoria della società o tecnologia sociale”
EtasKompass
Niklas Luhmann
“Potere e complessità sociale” Saggiatore
Erving Goffman
“Asylums” Einaudi
Jurgen Habermas “La
crisi della razionalità nel capitalismo maturo” Laterza
Paolo Borsoni
“Democrazia e potere nelle società complesse” Ila Palma
Paolo Borsoni “Ai
margini del silenzio. Ricerca di ecologia della comunicazione” Ianua